Alla partenza, in valigia c’era la voglia di entrare in contatto con una realtà diversa dalla nostra, apprezzarne i valori, offrire il nostro aiuto e vivere il Vangelo anche in un luogo così lontano. All’aeroporto di Santiago ci hanno accolti l’estate cilena e padre Tullio Pastorelli, che con gli altri frati di Curicò ci ha introdotti al Cile, ci ha mostrato la realtà in cui vivono e ci ha permesso di conoscere Vicente, un bambino malato che continuiamo a ricordare con affetto nelle nostre preghiere.
Dopo qualche giorno, abbiamo lasciato i colori e la vegetazione di Curicò per salire verso Nord, in direzione di Copiapò. Qui abbiamo incontrato una nuova comunità di frati, che ci hanno accompagnato durante la nostra esperienza. Fuori da Copiapò, infatti, verso il deserto di Atacama, c’è l’Hacienda San Pedro: un nucleo di poche case semplici, in fango, compensato e lamiera. Qualche gioco per bambini, una scuola, la cappelletta e la casetta dove abbiamo vissuto, un campo da calcio e dei piccoli negozi di alimentari: questa è San Pedro in tutta la sua naturalezza e semplicità. Tutto intorno il deserto, che abbiamo scoperto essere luogo di pace, di tranquillità, di riflessione. Certo, l’impatto iniziale con il panorama desertico non è stato indifferente: immenso, affascinante, isolato, così diverso da casa. L’isolamento di San Pedro è una delle spinte più forti che quel luogo ti dà per vivere con la gente e tra la gente. Lì tutti si conoscono, i bambini crescono assieme passando le giornate lungo le stradine mentre le mamme o i papà sono fuori a guadagnare qualche pesos per poterli crescere.
Come potete immaginare, l’arrivo di una coppia di missionari non poteva passare inosservato, e non è stato facile farsi strada ed entrare in contatto con “la gente del deserto”. Molti però avevano un ricordo più che positivo dell’ultima coppia di missionari italiani, Angela e Salvatore Macca, che in quattro anni avevano fatto grandi cose in quel paese e che sono tuttora ricordati con profondo affetto. La loro esperienza ha indirettamente aiutato la nostra: le famiglie che avevano stretto amicizia con Angela e Salvatore ci hanno accolti e si sono preoccupati di farci sentire a casa, invitandoci a passare con loro il Capodanno.
Dopo il primo periodo di ambientazione e conoscenza è arrivato il grande momento: l’inizio del campo estivo con i bambini . Una ventina di piccoli cileni vivacissimi ci accerchiava ogni mattina quando passavamo di casa in casa a svegliarli per portarli alla capilla, dove avremmo poi passato la giornata con diverse attività di gioco e catechesi. Durante queste settimane il diver timento, le risate e i momenti di gioia non sono mai mancati, come anche una buona dose di pazienza ed intraprendenza. Il bello di queste esperienze è che non ti lasciano scelta: devi metterti in gioco in prima persona, con tutto te stesso. Questo l’abbiamo imparato durante il campo, quando ci siamo resi conto che ciò che contava davvero era che noi fossimo lì con loro e per loro, che ci stessimo impegnando per creare esperienze da condividere con loro. Tutti gli sforzi e tutto l’impegno sono stati ripagati l’ultimo giorno, quando alla domanda di Padre Fabrizio “Cosa avete imparato durante questo campo?” sono arrivate risposte come “Il rispetto”, “Come giocare tutti assieme senza fare i prepotenti”, “La vita di San Francesco”, “Aiutare gli altri”. È stato bello vedere che eravamo riusciti a trasmettere qualcosa a quei bambini che a noi avevano insegnato tanto.
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