Noi e la Regola. In dialogo con frate Francesco ottocento anni dopo
La lettura pubblica della Regola dei Frati minori in San Francesco di Bologna nell’VIII centenario della sua approvazione
Quest'anno cadono gli 800 anni dell'approvazione della regola francescana, dovuta a papa Onorio III, il 29 novembre del 1223. Per capire la vitalità della 'Regola', mercoledì 29 novembre, alle 20,45 nella Basilica dedicata a San Francesco a Bologna alcune personalità e alcuni giovani commenteranno sul piano personale alcuni contenuti della Regola, alla ricerca della sua attualità e 'utilità esistenziale' anche nel mondo di oggi. Ci saranno, tra gli altri, Davide Conte, Valentina Marchesini, Davide Colgan, Mauro Felicori, Elena Ugolini, Marina Orlandi. La Regola verrà letta dall'attore Jacopo Trebbi, mentre Andrea Gianessi proporrà un suo 'commento' musicale. Il 29 novembre rappresenta una giornata rilevante per il movimento francescano: i frati rinnovano la promessa di seguire il Vangelo vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. In San Francesco di Bologna - probabilmente la prima chiesa dedicata al Poverello dopo quella di Assisi - oggi, alle 18, si celebrerà una messa alla quale parteciperanno i frati dei conventi bolognesi del cosiddetto Primo Ordine, quelli cioè che hanno come riferimento vitale la Regola.
(di Gianni Varani) - Potremmo, con qualche azzardo forse, definirlo un “libero esperimento francescano”, con qualcosa della letizia senza moralismi e preclusioni di frate Francesco. È consistito, questo “test” per certi aspetti audace, nel prendere dodici bolognesi contemporanei – tra loro un’educatrice e una neuropsichiatra, un’imprenditrice e un cooperatore, un economista, un politico, uno sportivo, uno studente, dei medici, financo un domenicano - e chiedere a loro, all’insegna della massima libertà espressiva, di commentare un articolo a testa della “Regola”.
È il testo al quale san Francesco ha affidato le sue indicazioni definitive per il cammino futuro e la vita dei confratelli. Il papa di allora, Onorio III, gli diede il suo benestare proprio il 29 novembre di ottocento anni fa. Il numero 12, degli invitati, ha a che fare col semplice motivo che è il numero degli articoli della citata regola. E forse questa è stata la prima sorpresa, sia per i “testimonial” che per il numeroso pubblico che ha riempito la basilica di San Francesco, a Bologna, lo scorso 29 novembre. La direttiva del santo di Assisi è essenziale, senza fronzoli, quasi "minimalista". Ci saremmo in molti aspettati uno statuto elaborato, con mille casistiche, divieti e obblighi. E invece c’è la semplicità, la libertà e la nettezza che c'era da aspettarsi da un uomo come Francesco. Certamente c’è anche tutta la sua radicalità evangelica, ma sempre con l’invito pressante a non insuperbirsi e a non giudicare gli altri.
Alla conclusione di quest’incontro, Marina Orlandi, di fronte all’ultimo articolo sui frati che vogliano andare in missione tra saraceni “e gli altri infedeli”, si è limitata, sorpresa, a segnalare quanto Francesco, come un padre, si prendesse cura dei suoi amici, dei suoi compagni di viaggio. E questa annotazione forse è la più riassuntiva di quanto si è percepito nell’incontro bolognese, accompagnato – va rammentato – dalla lettura articolo per articolo della regola, da parte di Jacopo Trebbi, mentre Andrea Gianessi ha creato una particolare atmosfera musicale nella basilica, per accompagnare sia le letture che le testimonianze.
Non che tutto questo confronto tra gente del terzo millennio e il santo del tredicesimo secolo sia stato facile. Come confrontarci ad esempio con la povertà ricercata o il rifiuto del denaro? Oppure col divieto rimarcato di non entrare nei conventi femminili? E che dire della confessione dei peccati? Ognuno degli invitati, col proprio bagaglio ideale, pur ammettendo la sorpresa per l’invito ricevuto e la difficoltà della sfida, non si è sottratto.
E così Davide Conti, economista e già assessore a Bologna, ha sentito di dover rammentare quante siano ancora oggi nella ricca Bologna le povertà, convinto più che mai che la prima “politica economica” che porta vero benessere sia l’accoglienza.
Pietro Zauli, giovane domenicano – l’ordine mendicante coevo dei francescani – ha con passione parlato della libertà di Francesco. Una libertà che gli deriva totalmente dalla fede in Gesù Cristo.
Mentre Davide Colgan, sportivo di successo, ha spiegato quanto sia importante ancora oggi il sacrificio, il distacco da ciò che non è essenziale, per poter vivere all’altezza delle proprie aspirazioni.
L’essere liberi dal denaro – ha argomentato il giovane Andrea Lappi, studioso di economia - sottintende una sfida radicale, decisiva anche per noi: avere o no fiducia in Dio, nella sua provvidenza, per potersi realizzare. Il capitolo V, che parla della grazia del poter lavorare, ha offerto uno straordinario assist all’imprenditrice Valentina Marchesini per dire quanto oggi scarseggi la passione per il lavoro.
Analogamente un cooperatore come Daniele Ravaglia ha con molta sincerità raccontato del proprio cammino professionale e umano, segnato dal tentativo semplice e umile di aiutare e fare del bene.
Prezioso poi, per la neuropsichiatra Luisa Leoni, l’articolo sulla penitenza, colmo di una cifra di misericordia e attenzione umana oggi difficilmente reperibile, eppure indispensabile.
Altrettanto prezioso, non solo nel campo educativo, il bisogno di avere guide autorevoli, ha sottolineato Elena Ugolini, educatrice e dirigente scolastica, nel commentare l’articolo sulla scelta dei responsabili delle comunità francescane.
L’essenziale nel parlare, nel chiarire il proprio messaggio, che tanto manca ai politici, è il contributo breve e sobrio dell’assessore regionale alla cultura, Mauro Felicori, alle prese col capitolo IX sui “predicatori”.
Molto personale il commento del medico Marco Del Governatore, nello spiegare quanto abbia dovuto leggere e rileggere per accorgersi dell’importanza e utilità della regola e dell’avere “una compagnia”, mentre la neonatologa Chiara Locatelli ha ricordato lo straordinario rapporto tra san Francesco e santa Chiara, per illuminare il senso della norma sui conventi femminili. Serve un distacco ideale, ha spiegato, perché i rapporti umani siano più veri e autentici.
Il ripensare al lascito di san Francesco non si esaurirà con gli eventi per rammentare e capirne la regola. Quest’anno cadono anche gli ottocento anni del celebre presepe di Greggio. E la basilica bolognese ospita per l’appunto una mostra didattica sul senso della rappresentazione della natività, acquisita e proposta dalla scuola Il Pellicano di Bologna, assieme a due presepi artistici della scultrice persicenata Elena Succi ad altri della tradizione soprattutto bolognese della collezione dei coniugi Lanzi, cultori dell'arte sacra. E nell’arco di soli tre anni, dovremo presto rammentarci la decisiva ricorrenza, nel 2026, della morte del santo.
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La 'Regola' di San Francesco Approvata ottocento anni fa: testimonianze a confronto
(di Frate Maurizio Bazzoni, Il resto del Carlino, 29/11/2023, p.1.14) - Ottocento anni sono una distanza siderale. Se ci aggiungiamo secoli di illuminismo e una secolarizzazione galoppante, dobbiamo ammetterlo: ai nostri giorni è sommamente difficile - retorica a parte - pensare che Francesco di Assisi, con la sua radicalità, abbia da dirci qualcosa di realmente praticabile e credibile nel nostro mondo scettico. Anche una sua interpretazione, non troppo lontana nel tempo, come antesignano del comunismo, dopo la caduta del muro di Berlino ha perso del tutto credibilità.
E in effetti in Nicaragua hanno proprio poco fa dichiarato fuorilegge i francescani, notoriamente 'pericolosi'. A ben pensarci, siamo circondati di indizi 'francescani'. Al fondatore hanno dedicato non pochi film. L'attuale Papa, primo nella storia, ha lanciato un macigno in piccionaia, chiamandosi, contro ogni precauzione, come il santo. A scuola è fatica che non ci si imbatta almeno una volta nel Cantico delle creature, una delle perle della nascente lingua italiana. Un inglese di alto ingegno e cultura, Chesterton, una volta convertitosi al cattolicesimo, la prima cosa che ha fatto è stata scrivere una biografia di Francesco. Lo stato americano più ricco e avveniristico, la California, è un tripudio di 'Iocation' francescane. Nella frontiera insanguinata della Palestina, un francescano, il patriarca latino di Gerusalemme, si è offerto come ostaggio per liberare i rapiti da Hamas. Proprio a Gerusalemme i francescani hanno resistito per otto secoli, come custodi pacifici dei luoghi santi. Ed è difficile anche nelle nostre città non imbattersi in qualche seguace del santo di Assisi. Certamente chi non sa come sbarcare il lunario, probabilmente conosce qualche mensa gestita da francescani. Francesco è ancora oggi una provocazione permanente alle nostre coscienze. Possiamo ignorarlo, ma è difficile detestarlo.
Cosa ha tenuto in vita questa storia per secoli? Qual è il 'segreto" della sua regola inattuale, della quale celebriamo gli ottocento anni? Può darsi che le risposte siano tante. E molto personali. Non è la povertà radicale, il punto chiave della sua esistenza indirizzato a noi. Probabilmente nemmeno l'idea applicata di una 'chiesa francescana' risolleverebbe le sorti del cristianesimo in una società post cristiana. Quello che molti hanno piuttosto intravisto è questo connubio vertiginoso tra una fede ardente e la passione per tutto il reale. Francesco era infiammato di amore per la vita intera, al punto di non temere la morte e rinunciare al superfluo. Aveva deciso di seguire Colui che era per lui il signore buono della vita. In definitiva, cosa vogliamo se non essere felici? Lui si è realizzato, ha appagato i suoi desideri, senza alcuno dei feticci esteriori ai quali noi siamo invece, volenti o nolenti, aggrappati.
Resta la domanda: davvero val la pena leggere la sua regola otto-centenaria per carpirne il segreto? Nella Basilica di San Francesco proveranno a raccontarcela dodici bolognesi di ogni età. E lì capiremo se otto secoli sono una barriera oramai insormontabile o un cammino ancora possibile verso una felicità terrena.
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