Festa di S.Antonio di Padova 2018
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MESSAGGIO PER LA FESTA DI S. ANTONIO 2018, dai frati della Comunità del Santo
A nome dei frati del Santo
Fra Oliviero Svanera, Rettore della Pontificia Basilica di s. Antonio di Padova
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«Sant’Antonio, un santo senza tempo che sa parlare a tutti»
Fonte "Avvenire" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 19
PADOVA Attrae, affascina, induce alla preghiera, anche quella più tenace che invoca il miracolo. Sant’Antonio è un santo senza tempo, che coinvolge e sa parlare a tutte le generazioni. Per farsene un’idea è sufficiente osservare provenienze ed età delle migliaia di fedeli (circa 70mila solo nella tredicina che ha portato alla grande festa di ieri) presenti in Basilica antoniana a Padova per la festa del santo dei miracoli: ogni età e moltissimi volti giovani, famiglie, bambini. Un santo per i giovani in un tempo in cui la Chiesa universale sta per dedicare loro un Sinodo dei vescovi. Non a caso i frati della Basilica hanno sottolineato quanto il giovane frate Antonio possa dire molto ai giovani. «Grandi sogni, scommessa sul futuro, voglia di vivere, desiderio di mettersi alla prova, fiducia in se stesso. Tutto si mescola in questo giovane che oggi non si accontenterebbe di effimeri piaceri o di proposte di piccolo cabotaggio», ha scritto il rettore della Basilica padre Oliviero Svanera in un messaggio per la festa. Un esempio nel suo essere «giovane che ci mette la faccia», che non si accontenta dei piccoli sogni, «un “cervello in uscita” cioè un giovane sempre disponibile alle suggestioni dello Spirito, aperto a nuovi approdi, non solo religiosi, ma culturali e sociali». E così l’intercessione del provinciale dei minori conventuali, padre Giovanni Voltan, al termine della giornata di festa si è rivolta a sant’Antonio, perché ci aiuti ad ascoltare proprio le giovani generazioni, a comunicare con loro e ad accompagnarle. Ma sant’Antonio è anche icona «dell’uomo che ha fatto della fede in Gesù Cristo una risorsa fondamentale della sua vita e della sua missione » come ha ricordato il delegato pontificio e arcivescovo di Loreto, Fabio Dal Cin, alla vigilia della festa, rimarcando che «sant’Antonio ci aiuta a guardare a come noi investiamo la fede nella vita di tutti i giorni. Perché la fede lui non solo l’ha conservata e neppure si è limitato a difenderla: lui l’ha annunciata, irradiata, trasmessa con entusiasmo e passione. Ha avuto il coraggio di parlare in faccia a tutti, senza incertezze, senza perdere la serenità e mantenendo anche una certa condotta». Un monito anche per i cristiani di oggi. Uomo di polso, di tempra forte, senza timore di dire, sant’Antonio era anche «voce di carità» con il «coraggio di denunciare le ingiustizie» ha sottolineato il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, nella Messa solenne della festa antoniana: voce di carità desiderosa di salvare e guarire ciascuno nei mali del corpo e dello spirito. Un aspetto, in particolare, ha sottolineato il vescovo pensando in termini di “guarigione sociale”. «La possibilità di ricominciare a vivere per le persone che hanno sbagliato». Purtroppo «il pubblico peccatore o il colpevole di un reato, per l’opinione pubblica rimane tale per sempre, anche quando si pente e ripara il male fatto o ha pagato il proprio debito con la giustizia ». Per questo «vorrei invocare per intercessione di sant’Antonio il miracolo divino che tiene insieme giustizia e misericordia, affinché tutti abbiano dignità e giusto riconoscimento, e la speranza non muoia mai nel cuore di chi ha sbagliato e vorrebbe riparare e ricominciare ». Un richiamo a un uso responsabile della propria voce in tutti i mezzi di comunicazione, tanto più oggi nell’universo digitale. «Se vogliamo dar spazio alla misericordia e al perdono, siamo chiamati tutti a una conversione nell’uso della voce che ci è data e della parola che possiamo pronunciare ».
Sara Melchiori
Sant’Antonio, la sferzata del vescovo. «Nei social la violenza è devastante»
Fonte "Corriere del Veneto" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 8
Monsignor Cipolla bacchetta anche i media: «Condannano a vita chi sbaglia, non c’è perdono»
PADOVA E’ stata una festa di Sant’Antonio legata alla realtà quotidiana, alla fatica del vivere, ai problemi del lavoro, della giustizia, ma anche al potere dei social network, spesso usati male, quella celebrata ieri in Basilica alla presenza di oltre 50mila fedeli (undici messe, 10mila panini del Santo e 2mila bottigliette di acqua benedetta distribuiti dai cento volontari, 10mile ostie consacrate, 60 operatori e 10 medici schierati dal Cisom nelle quattro postazioni di soccorso, che hanno seguito quaranta pellegrini, due poi ricoverati per malori). Nella messa mattutina il vescovo Claudio Cipolla ha richiamato all’ordine anche i mass media: «C’è un aspetto in particolare della guarigione sociale che mi sta a cuore: la possibilità di ricominciare a vivere per le persone che hanno sbagliato. Nella mia vita ho incontrato carcerati, falliti, emarginati, persone che spesso hanno maturato la consapevolezza del loro errore. Sono tante le norme scritte e non scritte che regolano la condizione di chi ha sbagliato e ha pagato per questo. Per chi ha ruoli pubblici spesso c’è l’impedimento a svolgerli nuovamente, ed è comprensibile quando in gioco ci sono grandi responsabilità. Ma non sempre le regole lo prevedono: chi sbaglia, a volte in piccolo, è sottoposto a una pena eterna e universale, anche per i meccanismi (non necessariamente voluti) della comunicazione. Il pubblico peccatore o il colpevole di qualche reato per l’opinione pubblica rimane tale per sempre, anche quando si pente e ripara il male fatto o ha pagato il proprio debito con la giustizia. Mi piacerebbe pensare a una città e a una comunità — ha incalzato il vescovo — dove per chi ha sbagliato, ha pagato e si è ravveduto, ci sia il perdono. Ma spesso i percorsi di rinascita non sono aiutati dai meccanismi comunicativi».
Quindi il passaggio sui Social: «Il mondo della comunicazione oggi ha una caratteristica particolare: è fatto anche da noi. Ciascuno può far sentire la propria voce, ogni volta che si trova su un social e digita parole, inserisce un video, registra un audio: ma qualcuno si esprime talvolta in modo indecente e permettendosi una violenza verbale devastante. Non indugiamo all’insulto, all’offesa, al giudizio superficiale, alla condanna eterna».
Ha invece segnato il debutto alla festa del Santo del nuovo delegato pontificio, monsignor Fabio Dal Cin, e del sindaco Sergio Giordani, la messa solenne del pomeriggio, celebrata dal ministro provinciale dei frati minori conventuali, padre Giovanni Voltan. Tornato sul tema dei Social: «Antonio è il santo della parola, che ascolta, che è connesso e quindi sa utilizzare i mezzi di comunicazione. In un certo senso è un santo social, anche perchè è stato un giovane di cuore, si è consacrato al Signore da adolescente e ha vissuto l’esperienza francescana tra i 25 e i 36 anni. Aveva imparato la lingua dei poveri — ha aggiunto padre Voltan — parlava il linguaggio comprensibile della vita»: «Vogliamo essere qui per provocazione — ha detto il padre rettore Oliviero Svanera — perché l’intercessione di Antonio si trasformi in volontà civile, politica, religiosa economica». Poi la processione per le vie del centro bardate a festa, «graziata» dalla pioggia (del resto Antonio è il santo dei miracoli), alla quale dall’anno scorso partecipano anche il vescovo e il delegato pontificio. In testa al corteo padre Voltan, con la reliquia del dito, in coda la statua di Antonio, salutata dagli applausi della folla.
Michela Nicolussi Moro.
Il vescovo: «Spesso sui social violenza verbale devastante»
Fonte "Il Gazzettino di Padova" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 3
L'OMELIA
PADOVA Coniugare carità e giustizia secondo Dio, «predicare la misericordia di Dio verso i peccatori», poi «la possibilità di ricominciare a vivere per le persone che hanno sbagliato». È uno degli aspetti della voce di carità che ci viene dal Santo, all'insegna della quale il vescovo Claudio Cipolla ha impostato l'omelia-messaggio alla città nella solenne concelebrazione (44 sacerdoti) ieri mattina in basilica per la grande festa del 13 giugno.
Il Presule ha posto l'accento sulla «possibilità di ricominciare a vivere per le persone che hanno sbagliato… Come stanno nella nostra società coloro che hanno sbagliato e che hanno riconosciuto il loro errore e pagato il loro eventuale debito con la giustizia?» Chi sbaglia, ha proseguito, «a volte, anche in piccolo, è sottoposto a una pena eterna e universale, anche a motivo dei meccanismi (non necessariamente voluti) della comunicazione».
Venendo a Padova, monsignor Cipolla ha affermato: «Mi piacerebbe pensare a una città e a una comunità dove - per chi ha sbagliato, ha pagato e si è sottoposto a un rigoroso itinerario di ravvedimento che rispetti fino in fondo il dolore delle eventuali vittime - sia possibile trovare oltre che pubblica accusa, anche pubblica misericordia e il riconoscimento del cammino svolto attraverso reali, seri, rigorosi e veritieri percorsi».
Nessuno spirito «lassista, omertoso e amorale», ha aggiunto, bensì «un atteggiamento che nasce dalla fedeltà all'annuncio di misericordia che viene dal Vangelo». È questa, peraltro, l'invocazione al Santo: «nella nostra città trovi spazio il miracolo divino che tiene insieme e quasi fa coincidere giustizia e misericordia».
E però, spesso questi percorsi di rinascita «non sono aiutati dai meccanismi comunicativi». Il mondo della comunicazione «oggi è fatto anche da noi e quelle che si odono sono tutte voci di carità? Sono annunci di verità? Sono parole di giustizia e di misericordia?». Questo interrogativo riguarda ciascuno di noi «ogni qual volta che siamo davanti a un social e digitiamo e inseriamo qualcosa, ogni volta che facciamo un video, che registriamo un audio: infatti sembra che qualcuno abbia trovato lì il luogo dove esprimersi, talvolta in modo indecente e permettendosi una violenza verbale devastante», per cui, «se vogliamo dar spazio alla misericordia e al perdono, siamo chiamati a una conversione nell'uso della voce che ci è data e dalla parola che possiamo pronunciare».
G. Lu.
Ex voto: protezione e salute per i bimbi. Si prega per il lavoro
Fonte "Il Mattino di Padova" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 3
Così la devozione popolare riflette bisogni e paure diffuse. Il vescovo Cipolla: «I cristiani denunciano le ingiustizie»
PADOVA Nel cuore di chi prega, il primo pensiero va sempre ai figli: neonati o più grandi, sani o malati, ieri i pellegrini hanno ricoperto l'arca del Santo con le loro foto, chiedendo protezione e salute. La fila per entrare a toccare la tomba era interminabile nonostante la calura: i fedeli hanno sfidato l'afa pur di lasciare un cero, una preghiera, una foto.Tra gli oggetti per cui è stata chiesta una benedizione ci sono molti camicini per neonati, ed anche all'esterno, sulle bancarelle, fra i vari oggetti si sono fatti avanti i bavaglini con il volto del Santo, in versione rosa o azzurra. Si prega per i nuovi nati augurando loro una lunga vita, per i piccini perché stiano bene, per i malati perché possano sconfiggere il male. Ma i tempi cambiano e inevitabilmente anche l'attenzione dei fedeli si concentra su esigenze diverse: così si fa spazio, tra le richieste, anche la speranza di trovare lavoro. «Sant'Antonio, nel mio paese, è molto amato e venerato» spiega Fernand, dallo Sri Lanka, «e molti lo pregano proprio nella speranza di un aiuto nel campo lavorativo. Ci spero anch'io».I motivi di devozione al Santo, poi, sono i più diversi ed ogni pellegrino è felice di raccontare il suo. «Mio papà ha fatto la guerra» spiega Antonio, da Treviso «e lungo la strada di ritorno dalla prigione, in Germania, ha promesso a Sant'Antonio che se fosse arrivato vivo avrebbe chiamato Antonio il suo primogenito, o Antonietta se fosse stata una bambina. Sono nato io ed eccomi qui: sono settantun anni che, ogni tredici di giugno, vengo qui a ringraziare». Fabio e Cristina, invece, sono due sposini novelli: lui è di Roma, lei di Messina e vivono insieme a Venezia. «Due anni fa» racconta Cristina «stavo attraversando un periodo molto brutto e sono venuta qui, a pregare Sant'Antonio di aiutarmi a trovare la forza per andare avanti. Un anno dopo, era proprio il 13 giugno, ho conosciuto Fabio e ieri ci siamo sposati. Ho promesso al Santo il mio bouquet, ed eccoci qui». Dentro e fuori dalla basilica si affollano persone di ogni provenienza e ogni età: il mormorio è un intreccio di dialetti e di lingue, i volti un mosaico di colori. Christian, un ragazzino biondo sui vent'anni, è venuto insieme ad amici e familiari: un nutrito gruppo di viaggiatori, arrivati da Zagabria non per turismo ma per pura devozione. Giulia, invece, è una signora padovana un po' più in là con gli anni. «Mi sento molto vicina al Santo, anche perché la mia mamma si chiama Antonietta. Volevo venire da tempo, ho scelto oggi perché è un giorno simbolico. Dirò una preghiera per tutta la mia famiglia». Il momento di massimo afflusso, prima della processione serale, è stata la messa mattutina, presieduta dal vescovo, Claudio Cipolla.«Sant'Antonio» ha ricordato il vescovo durante l'omelia «è stato un grande annunciatore della parola e della giustizia del Signore, nella Chiesa e nella società del suo tempo. È ricordato soprattutto per i sermoni, per il coraggio che ha avuto di predicare il Vangelo, di denunciare le ingiustizie, di raccontare le gesta del Signore, di richiamare alle esigenze della carità e della giustizia secondo Dio, di predicare la misericordia di Dio verso i peccatori. È stato "voce" della carità di Dio, del suo desiderio di salvezza per ogni figlio e figlia, di guarigione di ogni male dell'anima e del corpo. I miracoli di Gesù e dei santi sono testimonianza di miracoli molto più profondi anche se spesso invisibili, come tutte le cose che riguardano i sentimenti e il mondo spirituale. Sono immagine e speranza per la vita e il suo senso, per le relazioni sociali e le loro dinamiche; sono incoraggiamento per chi attende giustizia, anche in rapporto alla società che spesso esclude ed emargina. Se per intervento del Signore, per miracolo, guarisce il corpo fisico, per intervento del Signore e dei santi possono guarire i nostri mali spirituali e così anche le dimensioni più culturali e sociali di cui siamo parte ed espressione e dalle quali» conclude il vescovo Cipolla «sempre più dipende il nostro star bene».
Silvia Quaranta
Festa di sant’Antonio: mons. Cipolla (Padova), “chiamati a uno stile comunicativo che dia spazio alla misericordia”
Fonte "Sir" di Giovedì 14 Giugno 2018
Pubblicato online mercoledì 13 giugno 2018 - Omelia
Per far crescere nella comunità la cultura della “pubblica misericordia” è importante anche curare i meccanismi comunicativi. Lo ha ricordato il vescovo di Padova, mons. Cipolla, in occasione della festa di sant’Antonio, patrono della città, che si celebra quest’oggi. “Il mondo della comunicazione oggi ha una caratteristica particolare: è fatto anche da noi. Ciascuno può far sentire la propria voce, che magari si perde nel mare della comunicazione digitale: ma è pur sempre una possibilità”. “Quelle che si odono sono tutte voci di carità? Sono annunci di verità? Sono parole di giustizia e di misericordia? – ha chiesto mons. Cipolla -. Questo interrogativo riguarda ciascuno di noi, ogni volta che siamo davanti a un social e digitiamo e inseriamo qualcosa, ogni volta che facciamo un video, che registriamo un audio: infatti sembra che qualcuno abbia trovato lì il luogo dove esprimersi talvolta in modo indecente e permettendosi una violenza verbale devastante. Se vogliamo dar spazio alla misericordia e al perdono, siamo chiamati tutti a una conversione nell’uso della voce che ci è data e della parola che possiamo pronunciare”. Mons. Cipolla ha ricordato che il nostro modo di comunicare non deve rendere “eterna e universale” la pena per chi ha sbagliato, ma deve lasciar spazio oltre che alla denuncia del male compiuto alla collettività, anche alla “chiara comunicazione dell’avvenuta riparazione, fino al racconto dei percorsi di riconciliazione, favorendo così la possibilità che ci sia riabilitazione anche pubblica per chi questi cammini li ha fatti seriamente, pagando il debito e reintegrandosi nella comunità”.
Festa di sant’Antonio: mons. Cipolla (Padova), “sogno una città dove è possibile trovare pubblica misericordia”
Fonte "Sir" di Giovedì 14 Giugno 2018
Pubblicato online mercoledì 13 giugno 2018 - Omelia
“Mi piacerebbe pensare a una città e a una comunità dove – per chi ha sbagliato, ha pagato e si è sottoposto a un rigoroso percorso di ravvedimento che rispetti fino in fondo il dolore delle eventuali vittime – sia possibile trovare oltre che pubblica accusa anche pubblica misericordia e il riconoscimento del cammino svolto attraverso reali, seri, rigorosi e veritieri percorsi”. Lo ha detto, questa mattina, il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla in occasione della solenne celebrazione per la festa di sant’Antonio, patrono della città. Mons. Cipolla ha ricordato che sant’Antonio “è stato ‘voce’ della carità di Dio, del suo desiderio di salvezza per ogni figlio e figlia, di guarigione di ogni male dell’anima e del corpo”. “Se per intervento del Signore, per miracolo, guarisce il corpo fisico – ha sottolineato il vescovo di Padova nell’omelia pronunciata nella basilica del Santo – per intervento del Signore e dei santi possono guarire i nostri mali spirituali e così anche le dimensioni più culturali e sociali di cui siamo parte ed espressione e dalle quali sempre più dipende il nostro star bene”. E in questa prospettiva, mons. Cipolla ha auspicato una particolare “guarigione sociale”, che riguarda “la possibilità di ricominciare a vivere per le persone che hanno sbagliato”.
“Mettiamoci nei panni di quelle persone che spesso hanno maturato la consapevolezza del loro errore. Nei panni delle loro mogli o dei loro mariti, dei loro figli, dei loro amici e conoscenti e chiediamoci: come stanno nella nostra società coloro che hanno sbagliato e che hanno riconosciuto il loro errore e pagato il loro eventuale debito con la giustizia?”, ha proseguito. Precisando di non voler alimentare in alcun modo “un malinteso spirito lassista, omertoso e amorale”, il vescovo di Padova ha richiamato ad un atteggiamento “che nasce dalla fedeltà all’annuncio di misericordia che viene dal Vangelo”, “un modo per tradurre nelle nostre storie e nella nostra cultura il grande dettato evangelico del perdono”. Mons. Cipolla ha invitato “a favorire processi di autentica riparazione e riconciliazione, dando la possibilità di ricominciare a chi ha sbagliato”. E poi ha espresso un desiderio: “Questo è il miracolo che vorrei invocare per intercessione di sant’Antonio: nella nostra città trovi spazio il miracolo divino che tiene insieme, e quasi fa coincidere, giustizia e misericordia, affinché tutti abbiano dignità e giusto riconoscimento, e la speranza non muoia mai nel cuore di chi ha sbagliato e vorrebbe riparare e ricominciare”.
Cinquantamila fedeli con il naso all’insù ma la pioggia non arriva: «Ecco un altro miracolo»
Fonte "Corriere del Veneto" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 8
La processione
PADOVA «Un grazie a Sant’Antonio che non ha fatto piovere». A pronunciare la frase che ha strappato l’ultimo applauso - insieme al ricordo per padre Poina - è stato padre Oliviero Svanera, rettore della basilica del Santo al termine della processione che ieri ha portato tra le vie della città quasi 50mila fedeli. Tutto è filato liscio, a cominciare dal tanto temuto maltempo.
Le uniche gocce sono scese verso le 18 quando il lungo serpentone ha iniziato a sfilare dalla Basilica verso via San Francesco. Le nuvole hanno ballato un valzer sopra le teste all’insù, con qualche tuono minaccioso che poi ha lasciato tutti in pace. Sono arrivati da ogni parte del mondo per vedere Antonio. Una settantina i gruppi che hanno sfilato insieme alle autorità: volontari della croce Rossa e Verde, bande di ogni Comune, donatori di sangue, artigiani, medici, reti culturali. I macellai della Pia Unione «Milite Immacolata», secondo un’antica tradizione, hanno portato a spalla la reliquia del mento, anticipati dall’arciconfraternita del Santo e dai paggi della Basilica. Hanno poi percorso le strade insieme il sindaco Sergio Giordani, il prefetto Renato Franceschelli, il questore Paolo Fassari, il comandante provinciale dei carabinieri Oreste Liporace, il comandante della guardia di finanza Paolo Dametto, il presidente della provincia Enoch Soranzo e diversi consiglieri comunali.
L’assenza di elezioni imminenti ha rasserenato il clima a differenza di un anno fa: nessun fischio, solo applausi, strette di mano, incoraggiamenti e tanti ringraziamenti. L’unico momento di tensione è stato quando un anziano ha litigato con un giovane volontario per una sciocchezza, subito tranquillizzato dai frati sul chiostro. Al termine della processione, dal palco allestito di fronte alla Basilica, è intervenuto (come di consueto) il sindaco di Padova. «Il messaggio di Sant’Antonio – ha esordito Sergio Giordani - è quanto mai attuale. E la festa di oggi rappresenta un’occasione per fermarsi un attimo a riflettere sul significato delle nostre scelte». Quindi, riferendosi alle recenti vicende di cronaca relative alla nave di migranti Aquarius, il primo cittadino ha ricordato: «Antonio ha rivendicato il valore dell’accoglienza e della tolleranza, condannando gli egoismi e l’indifferenza. Umile fra gli umili è stato salvato dai pescatori siciliani dal naufragio della sua imbarcazione, partita dalle coste del Marocco e travolta da una tempesta. E Padova lo ha accolto con gioia e ha ascoltato la sua parola». Infine, il sindaco ha concluso: «Antonio ci ricorda il valore della solidarietà che, nella nostra città, vanta una lunga tradizione. Basti citare monsignor Giovanni Nervo, fondatore della Caritas, don Luigi Mazzucato, primo direttore del Cuamm e padre Placido Cortese. Quest’ultimo era proprio un frate del Santo e, prima di essere trucidato dai nazisti, fu in grado di attivare una rete di salvataggio per centinaia di ebrei e prigionieri di guerra».
A.Pist. - D.D’A.
Invasione di pellegrini per amore di Antonio
Fonte "Il Gazzettino di Padova" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 2
Sono andate esaurite le 10 mila ostie consacrate. Già alle 5.30 i fedeli assiepavano il sagrato, alle 6 l’apertura dei portoni. La messa delle 13 riservata agli albanesi
PADOVA La giornata infrasettimanale, il tempo incerto, lo sciopero dei mezzi hanno un po' limate le presenze rispetto l'anno scorso, ma a fine giornata, il Santo come sempre ha fatto il miracolo e i numeri rimangono da capogiro. Le ostie, le confessioni, i passaggi davanti alle reliquia, i panini e l'acqua benedetti si contano nell'ordine delle migliaia, delle decine di migliaia. Una proiezione che lascia immaginare come nella sola giornata di ieri oltre 40.000 persone siano passate per la basilica. E l'ultimo miracolo il frate portoghese l'ha riservato alla processione, conclusa senza intoppi nonostante il cielo coperto i lontani brontolii.
CONTROLLI ACCURATI La giornata del Santo inizia con quasi 24 ore d'anticipo, quando le forze dell'ordine, in collaborazione con l'Esercito, procedono all'ordinaria bonifica della basilica e degli spazi circostanti, quindi presidiati per l'intera notte da numerosi equipaggi. I portoni del tempio si aprono per la prima messa delle 6, anche se già alle 5.30 numerosi fedeli assiepavano il sagrato. Le funzioni sono poi proseguite cadenzate di un'ora fino al grande appuntamento delle 11 con il rito, il più affollato, celebrato dal vescovo Claudio Cipolla. Da segnalare la messa delle 13 riservata agli albanesi, iniziativa riproposta quest'anno per la terza volta, che ha richiamato quasi 2.000 fedeli giunti da tutt'Italia e diversi paesi europei dove vivono e lavorano, come Austria, Svizzera, Croazia, Germania, Slovenia, Repubblica Ceca. Quindi qualche ora di riposo, con l'area stranamente assai meno affollata rispetto l'anno scorso. Lo si vede a colpo d'occhio. Il calo delle presenze viene rilevato dal servizio assistenza del Sovrano ordine di Malta: 40 pellegrini assistiti in mattinata, due spediti in ospedale, avevano preteso troppo rispetto età e condizioni di salute, ma nel complesso niente di grave. L'anno scorso però erano stati una decina in più.
L'ALLARME METEO La flessione è confermata anche dalla madonnare, le venditrici di souvenir religiosi attorno al sagrato. Denunciano un calo delle vendite di un buon 20 per cento. La spiegazione andrebbe ricercata nella giornata infrasettimanale: se il 13 cade già di venerdì, oppure di lunedì, o martedì come l'anno scorso, i fedeli possono anticipare o allungare il fine settimana. Cosa più difficile di mercoledì. Non hanno giovato poi le previsioni del tempo che davano una sorta di diluvio universale. Poi il santo ci ha messo una buona parola, e nonostante i cupi segnali all'orizzonte, tanto tuonò che non piovve.
PANINI BENEDETTI Nel frattempo si tracciano i primi bilanci. Alle 15 il contapersone della cappella delle reliquie del Santo era arrivato a 3.800, ma bisogna tener presente che non tutti i pellegrini la visitano. Previsto poi per la fine della giornata l'esaurimento delle 10.000 ostie consacrate un dato assai interessante. È stato infatti calcolato che ogni comunione corrisponde a 4/5 pellegrini, quindi è ragionevole supporre che dall'alba al tramonto, siano transitati tra Basilica e sagrato almeno 40.000 persone. Numeri confermati anche dai panini benedetti dall'Arciconfraternita di Sant'Antonio, altri 10.000, mentre dovrebbero aggirarsi intorno alle 2.000 le bottigliette d'acqua benedetta.
L'ULTIMA FUNZIONE Nel frattempo una ventina di frati nella Penitenzieria, hanno iniziato ad ascoltare, e assolvere i pellegrini fin dalle 5.45, per fermarsi solo alle 19.30, quasi in contemporanea con l'ultima funzione prevista per le 19. Verso le 16.30 l'area riprende a riempirsi, manca poco alla funzione delle 17 e ben presto la basilica si riempie fino all'inverosimile, almeno 3.000 persone. Altrettante si affollano all'esterno, le orecchie agli altoparlanti che diffondo la cerimonia, gli occhi in alto, ma più per scrutare il cielo che per devozione. Alle 18 inizia la processione. Il cielo è cupo, in lontananza il brontolio del tuono. Ma che Santo sarebbe senza miracoli? E così anche la cerimonia finisce senza una sola goccia di pioggia sui fedeli. È ora tempo di riporre i paramenti, ma già da domani quello di organizzare l'edizione 2019.
Enrico Silvestri
La nuova immagine del Santo: un giovane con le cuffiette
Fonte "Il Gazzettino di Padova" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 2
LA PROCESSIONE
PADOVA Tra Fernando da Lisbona e Antonio di Padova si è dipanato il percorso non solo materiale, ma pure di riflessione spirituale per padre Giovanni Voltan in questo giugno ricco di manifestazioni nel segno del Taumaturgo, nato in Portogallo e morto nella nostra città.
E ieri pomeriggio, nella solenne messa in basilica le parole del Ministro provinciale dei frati minori conventuali reduce da una visita ai luoghi antoniani portoghesi, hanno riguardato soprattutto l'azione, l'esempio di santità che viene dal Taumaturgo, nonché da alcuni suoi figli spirituali, a partire dal vescovo Tonino Bello, «col suo impegno per i sofferenti come il bimbo non voluto, il disoccupato, il barbone dimenticato, le famiglie in crisi, per quelli cui l'unica ala a disposizione era rimasta impigliata nella miseria e disperazione. Per questo, la sua casa era sempre aperta a tutti».
Poi, l'esempio di padre Placido Cortese, confratello minorita conventuale che «proprio partendo da questo luogo, con una rete di laici, nella seconda guerra mondiale ha salvato molte persone. Tradito, condotto a Trieste e lì torturato, è morto martire di carità a 37 anni».
Riferendosi a giorni più recenti, padre Voltan ha citato un bambino: «Carlo veniva con la mamma Antonia in questa basilica sino a diventare amico di sant'Antonio e san Francesco. È morto a 15 anni, nel 2006, questo servo di Dio, Carlo Acutis. del Santo amava il coraggio nel difendere l'Eucaristia di cui era innamorato e che considerava la sua autostrada per il cielo».
Da qui l'invocazione a frate Antonio perché ci aiuti «ad essere santi», poi un riferimento all'immagine proposta quest'anno: un Santo giovane, con le cuffiette per ascoltare musica, collegamento al prossimo Sinodo dei Giovani tra fede e discernimento. Infine, la richiesta di intercessione del Taumaturgo per «ascoltare, comunicare, accompagnare». La processione ha visto anche la partecipazione del vescovo, del delegato pontificio Fabio Dal Cin, con quelle del sindaco Sergio Giordani, di associazioni cattoliche, del volontariato, Pia Unione Macellai, coi volontari a portare la reliquia del Mento del Santo, Unitalsi, Croce Verde, Milizia dell'Immacolata, Sovrano Militare Ordine di Malta (presente anche coi volontari di pronto soccorso), Veneranda Arca, Arciconfraternita del Santo, nonché i Volontari della Speranza di Rosolina e Padova che in mattinata all'Offertorio della messa del vescovo Cipolla avevano portato i frutti del mare e della terra, nonchè di rappresentanze delle comunità estere nei costumi nazionali.
Giovanni Lugaresi
«Stranieri in cerca di un futuro migliore non ignoriamoli»
Fonte "Il Gazzettino di Padova" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 3
Attacco indiretto di Giordani a Salvini: «Il Santo partì in barca dal Marocco e fu salvato sulle coste siciliane»
PADOVA Lo stop del ministro dell'Interno Matteo Salvini alla nave Aquarius e ai 600 profughi in fuga dalla Libia, ieri è rimbalzata anche in piazza Del Santo. Nel suo intervento, infatti, il sindaco Sergio Giordani non ha rinunciato ad attaccare le politiche dell'accoglienza messe in campo dal governo giallo-verde.
«Il messaggio di Sant'Antonio è quanto mai attuale e la festa di oggi e il Giugno Antoniano rappresentano un'occasione per fermarsi a riflettere sul significato delle scelte che ogni giorno compiamo» ha esordito Giordani che poi ha aggiunto: «Antonio ha affermato il primato dell'uomo rispetto al denaro e al profitto, ha rivendicato il valore dell'accoglienza e della tolleranza, condannando gli egoismi e l'indifferenza. Umile fra gli umili, è stato salvato dai pescatori siciliani dal naufragio della sua imbarcazione partita dalle coste del Marocco e travolta da una tempesta ha detto ancora Giordani - La nostra città lo ha accolto con gioia e ha ascoltato la sua parola. Una parola forte e chiara che sosteneva con passione il messaggio del Vangelo e che, allo stesso tempo, difendeva la dignità dei più deboli e dei più poveri».
«Un messaggio che ci deve spingere a riflettere su un modello di società che mette il successo, economico sopra ogni altra cosa, che tende a girarsi dall'altra parte quando si tratta di combattere sfruttamento ed egoismo - ha continuato il sindaco - Antonio ci ricorda il valore della solidarietà e della compassione».
«La nostra città ha una lunga storia di solidarietà: qui è vissuto monsignor Giovanni Nervo fondatore della Caritas italiana; qui è nato il Cuamm - ha aggiunto - Possiamo dire che l'insegnamento di Sant'Antonio qui ha trovato un terreno fertile. Eppure dobbiamo fare di più, come cittadini e come amministrazione. Perché viviamo un periodo storico di cambiamenti economici e sociali, difficili da affrontare e che spesso hanno dei riflessi diretti sulla vita delle persone».
« Ci sono giovani che hanno difficoltà a trovare un lavoro, padri di famiglia che lo perdono, anziani che affrontano la vecchiaia da soli perché i figli si sono trasferiti lontano - ha concluso - Ma ci sono anche stranieri che qui cercano un futuro migliore, per loro e per i propri figli. Di fronte a queste realtà noi non possiamo girarci dall'altra parte».
Alberto Rodighiero
Quarantamila fedeli in coda per Antonio
Fonte "Il Mattino di Padova" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 2
Grande partecipazione in Basilica dalle 6 alla processione del pomeriggio. Al centro degli interventi i temi della solidarietà e dell'inclusione sociale
PADOVA Le previsioni dicevano pioggia ma il Santo deve averci messo una buona parola. A partire dalle 6 di ieri, in 40 mila hanno calcato il sagrato della Basilica, partecipato alle messe e assistito alla processione, che aggiunti ai 70 mila che hanno affollato Padova durante la Tredicina, hanno contribuito a superare la soglia delle centomila presenze per Antonio. Qualcosina in meno rispetto allo scorso anno, a causa dell'infrasettimanale e dello sciopero dei mezzi che ha fatto desistere qualche fedele. «Umile fra gli umili, Antonio è stato salvato dai pescatori siciliani dal naufragio della sua imbarcazione partita dalle coste del Marocco e travolta da una tempesta. Un messaggio che ci deve spingere a riflettere su un modello di società che mette il successo, economico e adesso anche d'immagine, sopra ogni altra cosa. E che tende a girarsi dall'altra parte quando si tratta di combattere sfruttamento ed egoismo». Senza perdersi in troppe traduzioni (e interpretazioni), l'anima del discorso pronunciato dal sindaco Sergio Giordani dopo la processione, e davanti a migliaia di fedeli giunti per omaggiare il Santo, ha ripreso il tema dell'accoglienza. Rivolgendosi al nuovo Governo pentaleghista, che come prima vera azione politica ha scelto di chiudere i porti e sbarrare l'ingresso alla nave Aquarius con a bordo 629 migranti, Giordani ha provato a sfiorare le corde dei devoti parlando di problema storico come quello dell'immigrazione di massa. Il fascino spirituale di Sant'Antonio resta inattaccabile dal tempo, e anche ieri durante la processione la città è stata invasa da decine di migliaia di pellegrini giunti da tutto il mondo, uniti dalla fede in un frate francescano portoghese, che in Italia giunse nel lontano 1200 come un disperato di oggi, ossia su una barca alla deriva.E il tema inclusione è stato al centro del "sermone" di Giordani, che dopo aver sfilato in corteo assieme alla moglie Lucia e alle altre autorità (presenti il prefetto Franceschelli, il questore Fassari, il parlamentare Antonio De Poli e molti consiglieri comunali) tra i cordoni di devoti, ha pronunciato il suo primo discorso per la festa del Santo al fianco del Rettore della Basilica, padre Oliviero Svanera: «Il messaggio di sant'Antonio è quanto mai attuale, e la festa di oggi rappresenta un'occasione per fermarsi un attimo a riflettere sul significato delle scelte che ogni giorno compiamo, sia individualmente come persone che come comunità», ha evidenziato il sindaco «Antonio ha affermato il primato dell'uomo rispetto al denaro e al profitto, rivendicando il valore dell'accoglienza e della tolleranza, e condannando gli egoismi e l'indifferenza. La nostra città lo ha accolto con gioia e ha ascoltato la sua parola, forte e chiara, che sosteneva con passione il messaggio del Vangelo, e che allo stesso tempo difendeva la dignità dei più deboli e dei più poveri in una società che allora come oggi sembrava non aver pietà di chi cadeva in disgrazia».Giordani però non si è limitato alla "predica", ma ha voluto anche lanciare un appello ai padovani e fare un po' di autocritica: «Dobbiamo fare di più, come cittadini e come amministrazione», ha concluso il sindaco «viviamo un periodo storico di cambiamenti economici e sociali, difficili da affrontare, e che spesso hanno dei riflessi diretti sulla vita delle persone. Giovani che hanno difficoltà a trovare un lavoro, padri di famiglia che lo perdono, anziani che affrontano la vecchiaia da soli, ma anche stranieri che qui cercano un futuro migliore, per loro e per i propri figli. La risposta alle difficoltà non può essere la scorciatoia della chiusura agli altri e al mondo. Mi affido alla protezione di Sant'Antonio, affinché la nostra città continui ad essere un luogo di accoglienza e fratellanza e dove nessuno si senta solo e dimenticato».«Antonio è molto più di una rockstar. Viva il Santo», ha chiuso padre Svanera tra gli applausi scroscianti della piazza, prima di lasciare la benedizione finale a don Fabio.
Luca Preziusi
A piedi, 26 chilometri nella notte
Fonte "Il Gazzettino di Padova" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 3
Ore 4.42, i primi arrivati
Sono le 4,42 in una semibuia piazza del Santo, quando arrivano i primi devoti che nottetempo hanno percorso 26 chilometri da Cittadella-San Giorgio in Bosco, anche sotto la pioggia. Da 13 anni, in quattordici camminano con senso di penitenza, uomini e donne guidati dall'assessore regionale all'agricoltura Giuseppe Pan e dal sindaco di San Giorgio Renato (Bobo) Miatello. Ai camminatori nella notte si sono aggiunti altri conterranei, su auto; fra questi, la 86enne mamma di Pan, Giuditta, con una figlia. Il senso del pellegrinaggio devozionale per il Santo, a piedi, è una tradizione diffusa, da più parti e proprio ieri, alle 5,15, ecco una trentina di parrocchiani della chiesa Madonna delle Grazie di Este, quindi, gruppi da San Giorgio delle Pertiche e Dolo. Non a piedi, ma in auto, da Milano, un imprenditore partito in piena notte e arrivato qui per la prima messa delle 6, per poi rimettersi al volante. Una devozione testimonianza di fede, la sua, nata 7 anni or sono, dice, senza entrare in particolari. Tradizione familiare? No, è «l'unico cristiano in casa». Come va l'azienda? Così così, risponde. E che cosa chiede all'intercessione di frate Antonio? «Occorre sempre una protezione celeste».
Quando alle 5,30 si apre il portone centrale della basilica, ci sono 300 persone. Alla messa delle 6, concelebrata fra gli altri dal fresco 99enne padre Giuseppe Ungaro, la navata centrale si riempirà. Più tardi, ecco la liturgia per i nomadi nella Scoletta e alle 13 in basilica quella per il pellegrinaggio di duemila albanesi.
G.Lu.
Festa del Santo, un esercito di bambini al campo sportivo
Fonte "Il Gazzettino di Padova" di Giovedì 14 Giugno 2018, pagina 20
Per Antonio bagno di folla nell’incontro con le famiglie nell’area dietro ai Santuari. I frati hanno affidato i più piccoli al Taumaturgo con la benedizione
CAMPOSAMPIERO Tanta gente comune e fedeli da ogni provincia del Veneto hanno reso omaggio ad Antonio nella basilica dei Santuari Antoniani a Camposampiero. Ieri è stata celebrata la festa ma dal primo giugno è un viavai di pellegrini nei luoghi dove Sant'Antonio visse per circa un mese ospite del conte Tiso poco prima di morire all'Arcella, a Padova. Sono state prese d'assalto la basilica e la cella della visione nonchè il santuario del Noce dove il Santo predicava alla gente del posto. Ben 10 vicariati, 127 parrocchie e moltissime associazioni e gruppi si sono alternati nel corso della tredicina con alcuni appuntamenti speciali come il cammino di Sant'Antonio, un viaggio a piedi, con la partenza nella notte dai Santuari a Camposampiero e l'arrivo all'alba alla basilica del Santo a Padova. Poi, le giornate dedicate ai disabili e agli anziani e la seconda edizione della corsa non competitiva Sant'Antonio run. Ieri per tutto il giorno è stata festa grande. Alle 10.30 c'è stata la concelebrazione presieduta dal vicario generale della diocesi di Treviso Adriano Cevolotto seguita dal pranzo comunitario nella casa di spiritualità alla presenza delle autorità civili e militari. Nel primo pomeriggio il bagno di folla con l'incontro con le famiglie e i bambini che hanno riempito il campo sportivo dei Santuari. I frati hanno affidato i tantissimi piccoli a Sant'Antonio con la benedizione e il bacio della reliquia. Alle 18 il momento più atteso e partecipato: la messa concelebrata e presieduta dal parroco di Massanzago don Gelmino Zamprogna.
LAMPADA Ogni anno un comune a rotazione offre l'olio per l'accensione della lampada votiva che arderà tutto l'anno nella basilica a Camposampiero, proprio di fronte alla cella della visione del bambin Gesù ad Antonio. Quest'anno l'onore è toccato al comune di Massanzago, per cui è stato il sindaco Stefano Scattolin ad officiare il rito della consegna dell'olio. Comune di Massanzago che, notizia confermata dallo stesso primo cittadino Scattolin, non ricoprirà il prossimo anno il ruolo di presidente di turno della federazione dei comuni del camposampierese come da programma e ordine alfabetico perchè troppo a ridosso della tornata elettorale amministrativa. Il comune di Massanzago si è accordato con quello di Piombino Dese per scambiarsi l'anno di competenza. Il piombinese Cesare Mason ha accettato per cui il prossimo anno sarà Piombino a guidare la Federazione. Al termine della celebrazione in chiesa è iniziata la processione lungo le vie del centro storico con la statua e la reliquia del Santo accompagnate da centinaia di fedeli e devoti. A sfilare oltre i costumi storici dell'epoca di Antonio e varie associazioni di volontariato del paese c'erano anche tutti i sindaci delle undici municipalità del territorio.
Luca Marin
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